venerdì 10 ottobre 2014

Ted Nelson: la mente colibrì e la nascita del World Wide Web


La salute è -stando all’originario senso del latino salvus- ‘interezza’, ‘integrità’. Il senso di salvus è stato poi ripreso da totus, ‘tutto’. Impossibile forse per l’uomo raggiungere il tutto, impossibile essere veramente interi, integri. L’integrità resta desiderio inappagato. La malattia è perdita dell’armonia che contraddistingue l’essere integro.
Ted Nelson ci parla senza remore della ‘malattia’ che accompagnò la sua infanzia, e poi, in maniere differenti, ha accompagnato tutta la sua vita di adulto.
Il piccolo Ted è dislessico, incapace di leggere i segni alfabetici stampati sulla pagina con la rapidità e l’abilità che gli insegnanti conformisti considerano normali.
1995: Gary Wolf intervista Ted Nelson per conto di Wired.1 Scrive che Nelson si interrompe, passa improvvisamente da argomento a argomento; scrive che Nelson appoggia i suoi ricordi a registrazioni audio. Tutte evidenze del fatto, precisa Wolf, che “the inventor suffers from an extreme case of Attention Deficit Disorder”.
Sono universalmente note le cavillose definizioni del lessico medico e psichiatrico: ADD: Attention Deficit Disorder; ADHD: Attention Deficit Hyperactivity Disorder. E ancora: LD: Learning Disabilities, detto in italiano, con lo stesso accanimento definitorio dell’inglese: Disturbi Specifici dell’Apprendimento, DSA.
Gary Wolf aggiunge malignamente:

Nelson's anxiety about forgetting is complicated by the drugs he takes. For his ADD, Nelson takes Cylert; for his agitation, he takes Prozac; for sleeplessness, he takes Halcion. Halcion can produce aphasia: during our lunch, Nelson sometimes found himself groping for a common word in the middle of a sentence.2

Wolf non può fare a meno di riportare le parole di Ted Nelson, che nel corso dell'intervista controbatte:

Attention Deficit Disorder was coined by regularity chauvinists. Regularity chauvinists are people who insist that you have got to do the same thing every time, every day, which drives some of us nuts. Attention Deficit Disorder - we need a more positive term for that. Hummingbird mind, I should think.

Hummingbird Mind - menti che si muovono come rapido frullare d’ali, menti colibrì che si muovono di fiore in fiore. Reagendo alla spiacevole, giudicante arroganza dell’intervistatore, arroganza legittimata da tanta letteratura medica, Nelson propone una nuova denominazione. Una immagine di uso comune,3 è ripresa da Nelson, elevata a possibile definizione tecnica. In luogo di ADD, a more positive term, una immagine ricca di poesia.
Brillante conversatore, Nelson, nelle sue apparizioni in pubblico, non nasconde mai i propri percorsi mentali: “What was I saying?”. “Forgive me”, “I’m just babbling.”. Interrogato a proposito dell’ADD nel corso di una presentazione della sua autobiografia Possiplex, risponde:

No, it was just another way of cognitive processing. A different mode of thinking.4

Ciò che qualcuno considera deficit può ben essere inteso come differenza. Un altro modo di pensare. Un processo cognitivo che rifiuta la linearità e la sequenzialità, la disposizione gerarchica, la fissità garantita -o imposta- dall’immodificabile apparire delle parole sulla pagina, un processo cognitivo che accoglie invece, senza porli in gerarchia, diversi percorsi di senso.
Da singolari equilibri di mente e di corpo, da eccentrici modi di pensare e di costruire conoscenza considerati dalla ‘scienza normale’ pericolose sindromi, nasce dunque quel computing che espande l’area della personale coscienza.
Nella mente di Ted Nelson, bambino dislessico, incapace di considerare normale l’ingabbiante forma del libro, della pagina, del foglio-supporto-piano, emerge per converso la visione di qualcosa di più sano, di più ricco, più pieno e più giusto.
Così il Ted Nelson ventenne, nutrito di studi letterari, rivede il suo bisogno infantile di integrità attraverso la lettura del poeta Coleridge. Caverne smisurate giù verso il mare, giardini luccicanti e sinuosi ruscelli, muri e torri, sulle rive del sacro fiume, imponente palazzo dei piaceri. Xanadu è la città, il luogo del sogno.
Come Coleridge immagina in sogno -A vision in a dream- questo mondo meraviglioso, Ted Nelson immagina il proprio Xanadu.
Cosa sogna Ted? Cosa gli appare nelle sue visioni? Cosa cerca, cosa inventa? Sogna un diverso modo di ‘leggere’ -di accedere alla letteratura, di ‘stare dentro’ la letteratura-, un modo che non passi attraverso la stampa. Sogna un modo di leggere che non costringa lui, dislessico, a passare attraverso forche caudine: storie chiuse in gabbie di rigidi segni, ostili
Nasce così all'inizio degli Anni Sessanta, nella mente di Ted Nelson, l'idea di un testo inteso come rete, e di una letteratura come rete di testi. Una letteratura alla quale tutti contribuiamo, leggendo e scrivendo.
Andy van Dam, Tim Bernes-Lee, e tutti gli altri a cui dobbiamo il World Wide Web, riconoscono il loro debito nei confronti di Ted Nelson.
Oggi abbiamo a disposizione il Web perché Ted Nelson non ha accettato di essere stigmatizzato come 'malato'. La mente umana disturbata, dislessica, distratta, disattenta è vista a rovescio come mente colibrì, che si muove freneticamente di fiore in fiore. A partire dal proprio modo di essere Ted Nelson ha concepito un modo di pensare e costruire conoscenza che apre nuovi orizzonti a ognuno di noi.


1Gary Wolf, “The Curse of Xanadu”, Wired, 3.06, Jun 1995.
2Gary Wolf, The Curse of Xanadu, Wired, 3.06, June 1995.
3Louis Paul, Breakdown, Crown Publishers, 1946, p. 208. Derrick De Kerckhove, Wade Rowland, Connected Intelligence: The Arrival of the Web Society, Somerville House Pub., 1997 p. 77.
4Jay Cross, “Ted Nelson’s Unbook”, Posted on October 9, 2010, http://www.internettime.com/2010/10/ted-nelsons-unbook/ (visitato 22 agosto 2014).

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